lunedì 10 novembre 2014

La tunnìna, alimento tipico di Milazzo





Insieme al vino ricavato dal vitigno tradizione della Piana, il Nocera, è indubbiamente la tipica specialità della gastronomia milazzese. La tunnina salata è l’alimento che persino Garibaldi ha mangiato a Milazzo, precisamente a Vaccarella, sui gradini di S. Maria Maggiore, davanti ad un inorridito Giuseppe Bandi che obiettava l’orario dell’insolito pasto: erano infatti le 6,30 del 21 luglio 1860 ed il Generale, dopo aver trascorso sul sagrato della chiesa l’intera notte, per rinfrancarsi delle fatiche della battaglia appena conclusa, decise di concedersi per colazione, piuttosto che un’introvabile tazza di latte, il nostro alimento tipico, la tunnina, che innaffiò con una bottiglia di vino sottratta, nelle ore immediatamente successive ai combattimenti, alla cantina di una dimora aristocratica del disabitato centro cittadino.






Prima dell’avvento delle conserve all’olio (seconda metà dell’Ottocento, quando da Genova giunsero imprenditori e tecnici espertissimi ad impiantare i primi stabilimenti per l’inscatolamento del tonno sott’olio), la salatura rappresentava il tipico procedimento di conservazione del tonno pescato nelle 6 tonnare milazzesi.

I nostri avi si distinsero ben presto nella salatura del pescato che non si consumava fresco. Documenti d’archivio attestano la preparazione di tonnina in tempi lontani. Nel 1105 una delle tonnare milazzesi era obbligata a donare annualmente alcuni barili di tonnina ad un monastero del comprensorio. Scrive Stefano Zirilli nel 1873: «Le salamoie di Milazzo sono in commercio le più reputate d’Italia, o perché l’arte dei nostri salatori è più perfezionata, o per l’influenza occulta del clima, certo è che i suoi prodotti sono apprezzati e pagati con preferenza».

Il “magazzino del sale” era uno degli immancabili locali delle nostre tonnare. Le scorte di sale erano abbastanza imponenti, proprio per far fronte alla lavorazione destinata perlopiù al consumo locale, ma anche alla Calabria e ad altri mercati italiani. Stipata nei tradizionali barili di legno ad un sol fondo (cugni e cugnètti), realizzati dai bottai milazzesi con tanto di disco da impiegare nella pressatura necessaria in fase di lavorazione, era ancora un alimento abituale nella Milazzo dei più recenti anni Settanta. Immancabile nelle perdute taverne cittadine, per accompagnare il vino che vi si vendeva, e sulle tavole dei Milazzesi nei pasti della vigilia di Natale.

Oggi la tonnina la prepara di norma qualche anziano pescatore per uso familiare, soprattutto in vista del cenone di Natale, almeno di quello dei più tradizionalisti: si sciacqua per dissalarla e si serve in tavola con aceto e/o qualche filo d’olio d’oliva. Sarebbe auspicabile un rispolvero della tradizione, facendo tornare questa nostra specialità tra i tavoli dei nostri ristoranti anche in chiave turistica.



TRA STORIA E PRESENTE: IL PROCEDIMENTO DI LAVORAZIONE - La tonnina salata è uno dei prodotti ancor oggi preparati e venduti dalla pescheria “Il Norvegese” gestita da Domenico Vitale, esperto salatore milazzese nato nel 1949, e dal figlio Stefano. «La preparazione della tonnina salata ha inizio nel mese di giugno» riferisce Domenico, che non manca di ricordare come la salatura delle tonnine fosse una delle attività prevalenti nelle tonnare milazzesi. In passato, al Tono e negli altri impianti di pesca del tonno dislocati lungo le coste di Milazzo, una quota del pescato veniva immediatamente destinata alla salatura. Le tonnine salate venivano vendute localmente ed anche al di fuori della Sicilia, in Calabria per esempio. Ne fanno fede alcuni atti contrattuali stipulati dal notaio Vittorio Tavilla di Pizzo Calabro, oggi custoditi presso l’Archivio di Stato di Vibo Valentia: si evince così che il salatore milazzese patron Onofrio Marino custodiva nel novembre 1755 nella marina di Pizzo una certa quantità di barili di tunnina salata. Nell’estate del 1751 lo stesso Marino risultava nella marina di Pizzo intento a “salimorare” i barili «di robba salata» proveniente da Paola, di cui avrebbe dovuto assicurare il mantenimento per conto dell’aristocratico milazzese don Cesare Mariano D’Amico» (cfr. atto del notaio V. Tavilla concluso in data 16 settembre 1751 e citato in S. Di Bella, G. Iuffrida, Di terra e di mare, Rubbettino ed., Soveria Mannelli 2004, pag. 363).


Ancora oggi a Milazzo i pochi salatori, appena qualche pescatore di Vaccarella e qualche rigattiere, continuano a preparare la tonnina salata, perlopiù per uso familiare ed in vista del periodo natalizio, quando questa specialità viene ricercata dai milazzesi più tradizionalisti, quelli attaccati alle proprie radici ed origini, che appunto impongono di rinnovare il rito del Natale servendo a tavola la tonnina salata.

Milazzo città delle tonnare e delle tonnine. 7 settembre 1742, l'aristocratico milazzese Don Antonino Proto vende 100 barili di tonnina prodotta in una delle sue tonnare di Milazzo (Archivio privato).



E nel passato recente non è mancato qualche rigattiere che, pur di non sprecare il tonno invenduto già interessato da fenomeni di deterioramento (‘u vémmu), ha deciso di ricorrere proprio alla salatura, trasformando così il tonno rimasto invenduto sui banchi della pescheria in prelibata tonnina salata, tanto «’u sali ‘mmazza ‘u vémmu».



«Tutto è possibile, a patto che si tratti di tonno fresco: che nessuno pensi di destinare alla salatura pesce congelato in precedenza, significherebbe contravvenire alle più elementari norme di salatura», ammonisce l’esperto salatore Domenico Vitale, che non manca di descrivere succintamente il secolare procedimento di salatura della tonnina: «viene ridotta in piccoli tranci strofinati con sale grosso, ai giorni nostri stipati in piccoli mastelli di plastica. La tonnina viene quindi pressata per un periodo di 20 giorni, favorendo così la fuoriuscita dei liquidi di scarto, perlopiù sangue. Viene in seguito trattata nuovamente col sale e collocata in scatole di latta, in cui ‘a tunnìna viene ancora una volta “caricata”, ossia pressata per altri 40 giorni con pietre da 30-40 kg. Al termine di questi 40 giorni è già pronta per la commercializzazione. Un tempo la tonnina salata si mangiava in tempo di vendemmia e durante il raccolto delle olive e non mancava chi a marzo la gustava nell’impasto delle “sfinci” di S. Giiuseppe». Sin qui la descrizione appassionata del sig. Vitale, che non manca di manifestare l’amarezza riscontrata durante l’ultima stagione: «l’anno scorso avevo preparato 15 kg di tonnina salata. Quest’anno ho preferito soprassedere a causa degli scarsi risultati conseguiti nelle vendite del 2013: qui a Milazzo, ahimé, la consumazione del prodotto diventa sempre più rara, i giovani ‘a tunnìna non sanno nemmeno cosa sia, a differenza, invece, di S. Lucia del Mela, dove questa specialità milazzese è richiesta ancora dai palati legati ai gusti della tradizione».


'A tunnìna salata. Una tradizione secolare, che rivive anche grazie alla passione di don Fano Foti, esperto salatore milazzese che rinnova anno dopo anno l'antica specialità delle nostre tonnare, producendone un piccolo quantitativo per uso familiare. Il 28 novembre 2014, in Pescheria, grazie alla disponibilità del figlio Salvatore (nella foto), abbiamo fotografato un pezzettino di tunnìna e la boccia in vetro in cui viene custodita.
  
 
 
 


Di seguito le foto della tonnina preparata per uso familiare dal sig. Saverio Caravello nell'omonima pescheria di Milazzo


Il sig. Saverio Caravello, esperto salatore milazzese


Il tradizionale coperchio da cugnetto su cui si poggiano i pesi (cariche)




Particolare di un trancio di tonnina preparata dal sig. Caravello



Il sig. Caravello mostra anche i pesantonelli sotto sale, qui sotto ne abbiamo fotografato uno accanto ad un trancio di tonnina salata. I pesantonelli vengono salati in questo caso con tanto di lisca.





1 commento:

  1. Sono profondamente grato per questa pubblicazione. Sono Trapanese e come tale , data la mia eta', consco la "tunnina" e la sua importanza sia come cibo (compantico povero tradizionale) sia come raffinatezza attuale sempre meno ricercata ma ancora amata da tanti Trapanesi.Io, quando posso, la preparo a casa con particolare riguardo alla "surra" (ventresca). Ho educato alla tunnuna i miei fgli e nipoti.Buon appetito!

    RispondiElimina