martedì 18 novembre 2014

Il Mamertino tra storia e fantasia




Intorno alla metà dell’Ottocento si fece apprezzare in Italia ed all’estero la produzione di vini da dessert, allora denominati perlopiù vini di lusso o liquorosi, della ditta Giuseppe Zirilli & F., amministrata da uno dei figli più illustri di Milazzo, il patriota Stefano Zirilli.

Quasi tutti i vini da dessert prodotti nella «fattoria Zirilli» erano ricavati dal vitigno allora coltivato quasi esclusivamente nella Piana di Milazzo, il Nocera, che rappresentava la base della produzione degli apprezzati vini da taglio e da mezzo taglio della suddetta Piana. 




Dal Nocera si ricavava dunque anche un vino liquoroso, il Mamertino, la cui denominazione rimandava inevitabilmente alle fonti dell’antichità, dalle Epistole di Giulio Cesare a Plinio e Strabone, che non mancarono di tributare sincere lodi a questo vino prodotto negli ampi possedimenti messinesi dei Mamertini. Del Mamertino prodotto da Stefano Zirilli dalle uve Nocera non si hanno ulteriori informazioni: è certo comunque che la sua produzione venne abbandonata con la cessazione dell’attività dello stesso Zirilli, soffocata tra l’altro dalle pesanti tariffe dei noli, applicate dalle compagnie di navigazione sovvenzionate dallo Stato, che rendevano poco convenienti le piccole spedizioni in casse da 25 bottiglie.



La produzione del Mamertino riprese per iniziativa della locale Cantina Sperimentale intorno alla fine degli anni Venti del Novecento. In verità, l’ente milazzese non fece altro che attribuire la denominazione “Mamertino” ad un vino liquoroso che in quegli anni si produceva nelle colline intorno a Castroreale Bagni, un vino da dessert che, a differenza degli altri vini liquorosi, non necessitava di aggiunte di alcool che ne conservassero la dolcezza e ciò rappresentava indubbiamente un notevole vantaggio economico, consentendo di risparmiare sulle spese di produzione[1]. I vini liquorosi di Castroreale - ottenuti vinificando le uve locali dei vitigni Pedro Ximenes (denominato anche Grenache bianco), Catarratto ed Inzolia - erano dolci e gradevolmente profumati[2]. Con l’invecchiamento ricordavano il Porto e raggiungevano naturalmente elevate gradazioni alcooliche, che oscillavano di norma dai 16 ai 18° e che mai scendevano al di sotto dei 15°[3].

Queste sorprendenti caratteristiche spinsero la Cantina Sperimentale di Milazzo a credere che il vino Mamertino tanto decantato dalle fonti dell’antichità fosse proprio quello liquoroso prodotto nelle colline di Castroreale[4]. Eccezionali, in particolare, erano i vini prodotti nella contrada Sulleria del suddetto comune di Castroreale[5], dove in occasione delle vendemmie 1931 vennero ottenuti, con normale fermentazione alcoolica, vini di 17,40°, in quello stesso anno esposti all’importantissima mostra vinicola di Siena, «sotto gli auspici» della Cantina Sperimentale di Milazzo[6]. «Non è certo facile spiegare quali possano essere le cause che contribuiscono ad ottenere dalle uve di quelle località una ricchezza alcoolica, diremo quasi, eccezionale», scriveva nel 1934 il direttore della locale Cantina Sperimentale Trofimo Paulsen, che precisava: «oltre la natura del terreno, l’esposizione ecc. non è forse interamente da escludersi il fatto che quel bacino orografico è ricco di polle di acque termali che hanno grandissimo valore terapeutico per la ricchezza di minerali che contengono, quali ferro, litio, zolfo e sostanze alcaline»[7]. Fu proprio sulla base di tali considerazioni, che il Regio Vivaio Governativo di Viti Americane di Palermo, diretto magistralmente da Federico Paulsen, fratello di Trofimo, decise di impiantare proprio a Castroreale, accogliendo così le istanze insistenti dello stesso Trofimo, il più importante vigneto sperimentale della provincia di Messina, ancora in esercizio nel secondo dopoguerra[8]



Il TG1 delle 20,00 del 7 aprile 2014 ha celebrato il ritorno della grande vitivinicoltura a Milazzo. Nel servizio sul Vinitaly, un'intervista a Francesca Planeta. E, per la prima volta, una bottiglia del Mamertino prodotto al Capo nei vigneti della Baronia dei Lucifero, con un'etichetta ancora appena abbozzata nella quale viene indicato l'impiego del Nocera, il vitigno milazzese da cui nell'Ottocento si ricavavano nella Piana di Milazzo - come ebbe a sostenere nel 1888 Ottavio Ottavi, mostro sacro della viticoltura - i migliori vini da taglio del mondo.

L’opera meritoria della locale Cantina Sperimentale sin dagli anni Trenta fu rivolta costantemente ad assicurare al Mamertino di Castroreale l’onore della bottiglia, favorendo contestualmente la costituzione di un «consorzio per la protezione del tipo». Furono diverse le esposizioni alla mostra di Siena di bottiglie di Mamertino imbottigliato dalla suddetta Cantina Sperimentale: oltre a quella già riferita del 1931, sono documentate esposizioni alla mostra senese nel 1939 e nel 1951. L’opera di propaganda della locale Cantina Sperimentale emerge altresì dai doni di bottiglie di Mamertino (luglio 1951) a favore di politici influenti, quali Luigi Sturzo, al quale le bottiglie vennero spedite al domicilio romano di via Mondovì, e l’on. Silvio Milazzo, che ricevette il Mamertino a Caltagirone[9].

Nonostante gli sforzi compiuti dall’ente milazzese, il consumo del Mamertino di Castroreale non riuscì comunque a scavalcare il ristretto ambito locale, dove non mancò chi, negli anni Trenta, tentò di spacciarlo per Malvasia[10]. Ciò nonostante la campagna promozionale della Cantina Sperimentale di Milazzo proseguì ancora negli anni Sessanta, quando Girolamo Bambara - ribadendo che il Mamertino di Castroreale derivava dalla vinificazione di uve Pedro Ximenes, Catarratto ed Inzolia - lo consigliava quale «compagno inseparabile dei classici dolci messinesi: la “pignolata”, il “torrone gelato”, i dolcissimi “cannoli” e la “Cassata alla Siciliana”, completano l’euforia conviviale quando è servito a fine pasto, dopo i dolci o al dessert, a temperatura di ambiente, in classici bicchieri a calice trasparente dalla bocca ristretta perché meglio se ne possa apprezzare il “bouquet”»[11]. Proprio negli anni Sessanta la Cantina Sperimentale di Milazzo aveva fatto stampare su uno sfondo giallognolo un’elegante nuova etichetta, da applicare sulle bottiglie di propria produzione, in cui il vino prodotto nelle colline di Castroreale veniva presentato con la gradazione alcoolica di 15° e con queste parole: «il Mamertino è un vino classico che opportunamente invecchiato è da preferirsi, per le sue caratteristiche, a fine pasto o al dessert».

Bottiglie di Mamertino in esposizione c/o lo spazio museale sulla 
Piana di Milazzo allestito nell'ex Carcere Femminile di Milazzo (Ican "Domenico Ryolo")

Recentemente si è registrata una rinascita del Mamertino. Sulla scia delle iniziative promosse in passato dalla Cantina Sperimentale di Milazzo, per iniziativa del presidente della sede milazzese della Confederazione Italiana Agricoltori (Cia) Biagio Cacciola e di alcuni tecnici e produttori locali, in particolare i Vasari di Santa Lucia del Mela, intorno al 2001 è stata avviata la pratica rivolta al riconoscimento dell’ambita denominazione di origine controllata (Doc), ottenuta con decreto adottato dal Ministro delle Politiche Agricole e Forestali in data 3 settembre 2004, decreto in cui è stata approvato altresì il relativo disciplinare di produzione[12]. Sinceramente desta non poche perplessità il riconoscimento della Doc ad un vino, impropriamente denominato «Mamertino di Milazzo», che quasi nulla possiede delle caratteristiche indicate in precedenza e riguardanti le produzioni delle colline di Castroreale. Il decreto disciplina non vini da dessert, quali erano appunto il Mamertino di Castroreale o quello prodotto a metà Ottocento da Stefano Zirilli, bensì vini da pasto, prodotti - senza l’utilizzo delle uve Pedro Ximenes di Castroreale, ma con l’impiego, tra l’altro, del Nocera di Zirilli - nelle tipologie Bianco, Bianco Riserva, Rosso, Rosso Riserva, Calabrese o Nero d’Avola, Calabrese o Nero d’Avola Riserva e Grillo-Ansonica.

Nonostante il Mamertino di Milazzo Doc sembri piuttosto un’artificiosa e fantasiosa creazione dei giorni nostri, va comunque riconosciuto, a quanti si sono adoperati al fine di ottenere la concessione della Doc, il merito indiscusso di aver tentato di rilanciare la produzione vinicola di Milazzo e dintorni. D’altra parte, tornando alle fantasie, occorre precisare che queste non mancarono nemmeno a Trofimo Paulsen ed ai propri collaboratori, allorquando nei lontani anni Venti decisero di attribuire la denominazione «Mamertino» - ricavata dalle fonti dell’antichità - al vino prodotto nelle colline di Castroreale.

 



[1] T. Paulsen, I vini tipici della provincia di Messina, Grafiche “La Sicilia”, Messina 1934, pag. 8.

[2] F. Paulsen, Studio per la individuazione delle varietà di pregio di uve da vino cit., 1934 circa, pag. 147.

[3] Ivi.

[4] Cfr. T. Paulsen, I vini tipici della provincia di Messina in «Enotria», settembre 1930.

[5] Ivi.

[6] T. Paulsen, I vini tipici della provincia di Messina cit., pag. 8.

[7] Ivi, pag. 7.

[8] Ivi.

[9] Tali doni emergono da un volume risalente ai primi anni Cinquanta e custodito nell’archivio della Cantina Sperimentale di Milazzo. Da tale volume, in cui è possibile conoscere alcuni aspetti dell’attività promozionale dell’ente milazzese, risulta altresì la gradazione elevata di 16,94° rilevata sul Mamertino giacente nel 1952 presso la stessa Cantina Sperimentale di Milazzo.

[10] T. Paulsen, I vini tipici della provincia di Messina cit., pag. 8.

[11] G. Bambara, Storia e folklore dei vini tipici della provincia di Messina in «L’Italia Vinicola ed Agraria», n. 6-7 del 1962.


[12] Cfr. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, n. 214 dell’11 settembre 2004. Si veda pure l’articolo del milazzese Gianfranco Cusumano intitolato  I produttori del Mamertino brindano alla Doc ed apparso a pag. 13 del «Sole 24 ore» (n. 41 del 26 maggio 2004).


Le notizie sopra riportate sono tratte da questo libro dello scrivente 
edito dall'editore Lombardo di Milazzo nel 2013



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